mercoledì 27 gennaio 2010

Nel cuore di Trapani vecchia. Il Rione San Pietro e i nasse ra' Signura Lucrezia


Uno dei caratteri principali dell'identità è l'appartenenza. Ecco perché io mi sento trapanesedentro.(il post orginale è del 2010, l'ho rivisitato nel 2016, ndr).

Ma se proprio devo ripercorrere le mie origini, non posso mentire a me stesso e mi viene ancora più immediato definirmi Sanpitraro...

Il Rione San Pietro, u' Casalicchio, il più antico di Trapani. 

Probabilmente, il primo nucleo abitativo della città s'insediò dove oggi corre il Corso Italia con la chiesa di San Pietro.

Altri per la verità indicano il "promontorio" su cui nasce la chiesa di San Domenico, ma tant'è. 

Quel che più conta è che i primi trapanesi furono sicuramente gli abitanti di quel lembo di terra  compreso tra quelle che oggi chiamiamo via XXX Gennaio e piazza Scarlatti, ovvero l'attuale Quartiere San Pietro nel centro storico di Trapani.


Allora Trapanesedentro, ma prima ancora Sanpitraro.


Raccontare i miei ricordi, che sono il periodo vissuto in quel quartiere, è insomma recuperare un pezzettino di storia di Trapani, portando alla luce la normalità della vita del porto, dei suoi abitanti avvolti dal mare. Come la storia di Lucrezia.

Vi scrivo di quando si giocava per le viuzze del Rione, comprese tra il porto (la zona d'attracco degli aliscafi veramente) e la chiesa di San Pietro. Di quando nessuno di noi Sampitrari degli anni Novanta si rendeva conto di essere immerso in una bolla di rumori e anche di odori che appartenevano già ad altri tempi. Di cui noi vivevamo qualche sprazzo. 

A signura Lucrezia 'ntrizzava i nasse... 

Il suo fare, con quell'arnese e il filo che le serviva a legare i vari giunchi tra loro per creare uno strumento di lavoro importantissimo un tempo, strideva davvero tanto con tutto il resto, ma colorava il quartiere - e i miei ricordi - di un'aura d’incanto speciale, come immagini d'altri tempi. Una parentesi vitale tra il frastuono della società moderna, delle auto e dei burocrati trapanesi. 

Anche se già allora - credo -  i nasse rappresentavano un sistema di pesca poco remunerativo, come fare a non sottolineare il romanticismo di uno strumento che nasconde un mestiere faticoso e sacrificante. 

Ma più di tutto, ci vedo l'incapacità di alcuni oggetti, frutto dell'ingegno dell'uomo, a piegarsi a logiche di mercato che spesso perdono di vista la natura stessa dell'uomo a solo vantaggio del profitto.

Già allora l'incanto non era tale.

Oggi più d'allora, purtroppo, il Rione San Pietro, il luogo dove sono cresciuto, versa in uno stato di degrado e di squallore culturale che lo affligge da troppi anni, malgrado o "alla faccia" di coloro che a "San Pietro" vivono da decenni e hanno nel loro cuore le ferite e l'eco dei racconti degli anziani che narravano di un quartiere vitale, pieno di bambini e di attività fiorenti. 

Vero è d'altronde che, nell'ultimo decennio, le facciate dei palazzi sono state ristrutturate quasi tutte e i B&B, gli studi notarili e avvocatizi sono centuplicati... insomma il progetto dei primi ani 200 di creare una city trapanese ha preso forma 

Forse per questo motivo, sono tanto nostalgico quando scrivo di Trapani. 


Se è vero che i genitori assegnando il nome ai propri figli, gli donando identità, non posso non pensare che l’appartenenza fa l'identità. Appartenenza anche ai luoghi, che forgiano il carattere, la tempra, i sentimenti. 

È ora di ritrovare le radici, le origini, ciò che abbiamo o abbiamo avuto in comune per metterlo nuovamente in condivisione, per cercare i valori che sono necessari alla vita in comune e che lo saranno sempre di più nel futuro della civiltà globale abitata dagli internauti e dai “nati in digitale”, che – lo vogliamo o no – siamo noi e i nostri figli.

Io riparto da lì.  

Da i nasse ra' Signura Lucrezia, di cui non ricordo la voce e nemmeno tanto bene il viso, ma perfettamente ricordo le mani che intrecciavano filo e giunchi, simbolo di lavoro e di valori veri da riscoprire per riavviare il motore della società che sembra avere qualche problema. 

Io riparto ogni volta da lì: dal carattere e dall'identità. Di un trapanesedentro.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

io invece me la ricordo....abitavo vicino...una signora simpatica sempre sorridente piccolina di statura con i capelli bianchi con i capelli raccolti....mi ricordo ancke del marito....complimenti dei post...sn ricordi belli della mia infanzia....sugnu sampitrara doc

Anonimo ha detto...

Insomma, sei du Casalicchiu! Pietro Donato, hai fatto parte dell'ONG?

Pietro ha detto...

non so cosa intendi per ONG ma sono Sampitraro doc!!!Quello si! e grazie per essere stato/i nel mioBlog!