Mangiamo Trapanese!Una sezione dedicata alla cucina trapanese.

Con ricette trapanesi, immagini dei cibi, dei frutti, dei dolci che fanno della nostra terra un luogo speciale dove si torna con voglia... e specialmente con tanta voglia di mangiare!

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giovedì 6 luglio 2017

L'importanza di non dimenticare

Tanto per non perdere l'abitudine e visto che ho qualche ritaglio di tempo in più, torno a scrivere sul mioBlog.

Sia chiaro: non ho certo tagliato i ponti con Trapani...

Mesi fa per esempio, avrei voluto - ma per fortuna ho un lavoro! - chiedervi in tempo reale il perché di tanto clamore per una serie TV.

Per me è stata un'emozione vedere in TV i luoghi in cui siamo cresciuti. 

Ancora di più quando pensavo che ad ammirarli c'erano tanti altri milioni di italiani. 

Molto meglio della deprimente Piovra degli anni '80, ma tagliente almeno tanto quanto, il Commissario Maltese è stato un successo di visibilità sia per la location sia per i temi affrontati. 

Di mafia se ne deve parlare! E parlare e non smettere mai di parlarne... anzi torniamo - o continuiamo a farlo dove si fa - a parlare di mafia nelle scuole!

Serve a non dimenticare.


Tanti invece - a mio parere - si sono fermati a ragionare sulla superficie, criticando per il dialetto poco curato o le "scopiazzature" dall'altro commissario, quello di Camilleri. 

Tanti hanno puntato il dito sugli sceneggiatori - peraltro uno di loro è trapanese - accusandoli di aver dipinto il ritratto di una città bloccata dalla mafia, dai compromessi e dalla corruzione e molti sostenevano che questo metteva in cattiva luce la città.

Poi arrivò la realtà...

Tre candidati riciclati (o bolliti) e la novità che ancora si deve capire chi era! 

Programmi elettorali dove le parole lavoro e cultura erano davvero lontane dall'avere il senso che meritano.

Solito "amazzamareddu"...

Il livello "politico" della nostra città non è quello dimostrato nell'ultima tornata elettorale, che prescindendo dal finale anche all'inizio non aveva fatto ben sperare. 

Comunque, adesso, voglio parlare e dare risalto (nel mio piccolissimo) a manifestazioni positive che riguardano Trapani e i Trapanesi. 

Come per esempio lo speciale televisivo sulla strage di Pizzolungo in onda su Rai 3 nel format della trasmissione di Pif Caro Marziano.


Ve lo consiglio. Da far vedere a piccoli e anziani... senza paura!

E ora, basta così con la patriarcale. Almeno per il momento. Anche perché il 90% di chi aveva cominciato a leggere non è arrivato fin qui! 

Per esempio Stragusto, quest'anno alla nona edizione. Una manifestazione gastronomica che non è solo cibo, ma anche una sagra di valori Trapanesi e del Mediterraneo in generale!

Stare insieme e mangiare sono alla base della cultura mediterranea, specie in Sicilia, specie a Trapani. 
Un festival che riaccende l'atmosfera degli antichi mercati, un concentrato di sapori, odori, colori, voci che, ogni anno, travolge il centro storico di Trapani.
Per di più in uno dei luoghi simbolo della città, ovvero a' Chiazza

E poi lo Street Food fa parte di me in quanto Trapanese, e Sampitraro doc cresciuto a Pane e panelle da za' Paolina.

St'anno però, già prenotato! 

Stragusto voglio andarci perché ci sarà da pillicchiarisi l'ugna... troppo trapanese!?!? Ci sarà da leccarsi i baffi!!!

E tra un morso e un altro si parlerà di... mafia!  ;-) 


venerdì 30 settembre 2016

Lanne, buatte e bunnie... contenitori di dialetto trapanese

Lo so. E' probabile che qualche lettore non abbia colto il significato del titolo di questo post. Probabilmente, anche qualche trapanese di nuova generazione potrebbe non averlo fatto. 

Ma volete mettere la forza del dialetto contro quella della sua "traduzione" in italiano?

C'è qualcosa che va oltre il folklore e vorrei parlarne.

Come ogni anno, le vacanze a Trapani sono finite! E si riparte...

In realtà, sono rientrato già da un mesetto. Ma il carico di bei ricordi, di divertimento e di famiglia, come sempre pieno, mi permette di postare qualche articolo sul mioBlog anche a distanza di giorni. 

Bagagli pieni, insomma... che non sono mica solo una metafora! Perché c'erano per davvero e, come ogni trapanese fuori sede - più o meno pendolare - io personalmente li ho caricati, scaricati e ri-caricati in auto!

Pigghiaste tutti cose? U voi l'ogghiu bonu? T'a pòitti un poco ri sarsa frisca? 


Come ogni anno, perciò, ho fatto il pieno di tutti quei prodotti tipici trapanesi difficilmente reperibili durante l'anno al nord Italia, se non a mezzo spedizioni. Si tratta in sostanza di fare un vero e proprio rifornimento di tutte quelle specialità trapanesialle quali il trapanese fuori sede - io - non può rinunciare. 

Non potevo omettere perciò di riportare sul mioBlog questo vero e proprio dizionario di bontà culinarie. Quasi come una borsa di rimedi naturali contro la trapanesitudine... per tutto un anno!

I' briosches, i' busiate, a' capunata, i' dolcini chi mennule, a' farina, u' finucchieddo, i' limuna (cugghiute ri l'àrvulo), i' milinciane nustrane, i' miluna, i' mennule atturate, a' muddica, a' mentuccia, l'ogghiu, i' passule, a' spuma, i' sarde, a' sasizza cu finucchieddro, a' simmula, u' tonno, u' vino, i' viscotta ca' ficu...


Ecco allora che mi sono servite i lanne, i buatte e i bunnie!    

Lanna e buatta sono sinonimi. Indicano i barattoli di latta che contengono i cibi: pomodori, tonno, olio (quelle più grandi)

A' bunnia invece è un contenitore di vetro, un barattolo mille usi di diverse dimensioni. Si chiama sempre bunnia a seconda che abbia la chiusura di vetro con guarnizione di gomma e chiusura metallica (quello che garantisce una chiusura ermetica) o la chiusura di latta "a vite".  


http://www.lucianopignataro.it/a/come-si-fa-la-vera-conserva-di-
pomodoro-napoletana-in-campagna-e-a-casa-in-citta/29131/
Capita spesso in tutta la Sicilia di trovare ristoranti e locali intitolati a lanne o bunnie! 

E in una cucina trapanese non possono essere sostituite da altre. Perché non renderebbero lo stesso significato e, usandole, il Trapanese saprebbe di perdere qualcosa... nel significato e nella cultura.

Nel significato, perché dire latte, scatole e contenitori non suona proprio! Un siciliano, un trapanese sente di aver lasciato qualcosa per strada...

Nella cultura, perché usare queste parole in una cucina trapanese - seppur inconsapevolmente - ci lega al passato, al passaggio dei francesi dalle nostre terre siciliane, secoli e secoli fa. Per la precisione nel XII secolo. Per la precisione degli Angioini.

Infatti, buatta deriva dall'adattamento del termine francese boîte che significa per l'appunto «scatola», mentre bunnìa dal catalano búrnia e dallo spagnolo albornía.

Ormai è facile trovare sui motori di ricerca internet siti più o meno specializzati che ne parlano approfonditamente. Tra questi, vi segnalo www.linguasiciliana.org. A me l'hanno insegnato a scuola - per fortuna. E sentirlo o dirlo - con naturalezza pur non essendo più una parola di uso comune per me - mi fa un certo effetto.


Non potevo quindi omettere di parlare sul mioBlog del dialetto e della sua forza espressiva. Di quanto, grazie al dialetto, riesca a non recidere le radici che mi legano alla mia terra. E spesso tramite il mioBlog. Anche se tutto ciò può sembrare fuori moda, desueto.

Il dialetto è il suono di un popolo. E' lo strumento musicale che permette di ascoltare in pochi suoni gli usi, i costumi e i modi di vivere condivisi da chi in comune ha una terra.

“Il contadino che parla il suo dialetto è padrone di tutta la sua realtà”. Così scriveva Pier Paolo Pasolini.
Pasolini vedeva nel dialetto l’ultima sopravvivenza di ciò che ancora è puro e incontaminato. Come tale doveva e deve essere “protetto”.


Ecco allora che sono felice! Perchè comprando lanne, buatte e bunnie, non soltanto ho riempito la dispensa di bontà che gusterò per tutto l'anno, ma ho anche "protetto" o  provato a proteggere quanto ho di più caro - dopo moglie e figli - nella vita... il mio attaccamento a Trapani, la mia terra.

domenica 4 settembre 2016

Cùscusu ri' pisce a trapanise


Erano anni che chiedevo ad Anna, mia suocera, di farmi vedere. 

Non era mai successo. 

Un po' perché in pochi giorni di permanenza a Trapani . come di solito accade - non è mai facile coordinarsi. Un po' perché la ricetta del Cùscusu ri' pisce a trapanise è quasi un segreto da custodire gelosamente, è un'arte da imparare.

Ma ci sono riuscito. L'ho visto fare, l'ho fatto anche, anzi lu ncucciae!

Andiamo con ordine perchè prima della ricetta si devono spiegare alcuni modi di dire che fanno parte non solo del dialetto trapanese ma anche delle tradizioni della città tutta. Quindi pazientate un attimo, prima della fotoricetta e dell'elenco degli ingredienti!

Per prima cosa, si diceva: non cuscùs ma cùscusu! La dizione è importante!

Poi, in secondo luogo, u cùscusu non viene preparato, nè viene fatto, ma si 'ncoccia! Il procedimento è molto più semplice di quel che si crede o si possa dire. E serve a creare dei grumi grossolani di simmula (la semola di farina). Lo vedrete meglio nella fotoricetta.

A proposito, nella foto vedrete u' lemmo cioè il recipiente di terracotta verniciata a svasare che che serve a contenere la semola già lavorata, ma non vedrete a' mafaradda cioè l'apposito recipiente di terracotta verniciata a fondo piatto e bordi svasati dove s'incoccia u' cùscusu.

E poi ancora u cùscusu spunta... e su questo punto non ho molto da spiegarvi, ma dovete continuare a leggere per capirlo!

A questo punto, posso iniziare a raccontarvi come abbiamo fatto... 

Parlerò al plurale, ma in realtà è tutto merito di Anna! Che per la privacy non si vede in foto, cioè s'affrunta! Anna è anche la nonna della bimba che invece vedete in foto, ovvero Giorgia, mia figlia.  

Ad Anna vanno i complimenti perchè 2 kg di cùscusu sono stati spazzolati in meno di 30' da 10 persone di cui 2 bambini! 

Mi raccontano che u cùscusu era una cosa di famigghia e tutto quel che leggete in questo post è frutto dei suoi ricordi... o di quello che c'ho capito io!

Iniziamo...

 
Abbiamo messo un bel pizzico di sale in circa un litro d'acqua. 








Poi ne abbiamo versato un po' dentro a una ciotola. E' servita a inumidire la semola di volta in volta.







Poi Anna ha versato la semola in una ciotola più piccola (sarebbe stata a' mafaradda e cominciato a lavorarla con le dita.

In questo modo si sono formati dei grumi di varia consistenza, ma comunque piccoli. 






Ecco, questo si dice ncucciare u cùscusu!





Naturalmente, una volta finito di incucciare a simmula rintra a mafaradda (ora anche i neofiti dovrebbero capire), si passa rintra u' lemmo.








Il procedimento è tutto qui... si fa per dire perchè io c'ho provato e - si! che non è difficile - ma di sicuro è abbastanza lungo. E nella foto sopra vedete il risultato di mezz'ora di lavoro di polso e dita. 

Fine prima parte. 

Adesso si passa alla conza.

Una volta ncocciatu u cùscusu si deve condire (cunzarlo). 

Si! Si deve condire "crudo". La sua cottura avverrà infatti al vapore dentro a pignata cuscusu! Il cui funzionamento vedremo appresso.



Si deve condire a crudo con cipolla tritata, prezzemolo tagliuzzato, cannella, pepe, peperoncino e olio.













Prima di lasciarlo ripusare, l'abbiamo messo dentro a pignata cùscusu e c'abbiamo messo sopra dei gamberetti di Mazara.









Nella tradizione U cùscusu ri pisce a trapanise va cotto a vapore na pignata cùscusu, ovvero due pentoloni di terracotta che si incastrano tra loro. 


 Nella tradizione, si diceva, sono entrambe di terracotta e vengono "sigillate" attraverso una "guarnizione" che è un impasto di acqua e farina.

Nella foto affianco vedete il pentolone in basso (in inox in modo da diminuire i tempi di cottura con la stessa resa della terracotta) dove c'è l'acqua in ebollizione e il pentolone in alto che contiene il cùscusu sul cui fondo piatto sono ricavati dei buchi che permettono al vapore di passare e cuocere a' simmula.




                                                     







Fine seconda parte. 

Andiamo con la terza e ultima parte...

U' cùscusu ora va fatto ripusare. Infatti, dicevo che la preparazione della ghiotta ri pisce, la terza parte, l'ha fatta Anna l'indomani mattina.

Come prepararla mi è ancora un mistero - nel senso che l'ha fatta Anna la mattina presto quando tutti dormivano - ma vi garantisco che il suo sapore era fantastico. E i pesci che vedete nella foto di sotto me li sono mangiati tutti io... 



Diciamo che, pressappoco, Anna ha fatto una ghiotta con 2 kg di pesce da zuppa dove c'erano merluzzi, spigole, orate, sampietro, scorfanetti. Tutti pesci adatti a fare ghiotta! Mancava qualche 
capone o un grongo (u' runco in trapanese), o serrana (a' sirrania in trapanese), o triglia.

Anche la ghiotta ha il suo procedimento. Bisogna fare una trita di una grossa cipolla, farla appassire in olio di oliva dentro a un tegame più largo possibile e alto almeno 25 cm. Quando la cipolla è appassita, si aggiunge un trito di prezzemolo e 2 spicchi di aglio tritati.
Poi, vanno aggiunti un bicchiere di vino bianco, i pomodori rossi pelati e tritati. 

Appena il sugo si sta asciugando va aggiunta l'acqua, i pesci, il sale e il pepe e si lascia cuocere per 10-15 minuti a seconda del pesce. Poi u' broro va filtrato e messo nelle ciotole. Servirà per condire u' cùscusu.

Fine terza parte.

Adesso tutto è pronto per essere servito. Peccato che non si possa "scrivere" il profumo e il sapore del nostro cùscusu, ma era davvero buonissimo.

Ah già! U' cùscusu spunta... me l'ero quasi scordato! 

Dopo aver fatto ripusare u' cùscusu bisogna cuocerlo nella cuscusièra. Dovete cioè passare u' cùscusu 'ncucciato dal lemmo alla pignata cùscusu, unendo la parte superiore con la parte inferiore della pignata. Quando l'acqua bolle... u cùscusu spunta! Da quel momento, il fuoco va abbassato e la cottura dura per un'altra ora o giù di lì!

Insomma, U cùscusu ri pisce a trapanise è pronto! Asssittative a manciari!!!

Bonapetitto!!! ;-) 

venerdì 13 dicembre 2013

A Santa Lucia si mancia la cuccia...

"Và susitivi ch'è tardu, v' addumativi a cuccia, e s' un minni rati a mia, a pignàta vi scattìa"

Certo, ai più può essere difficile la traduzione. Ma - mi auguro - per tanti altri sarà bello ricordare una tradizione di quand'eravamo piccoli. 

A me ricorda la mia nonna materna, Nonna Dina, che già in passato ha ispirato qualche altro mio post.

Tutta la sua vita per me è stata memoria storica di una Trapani ormai visibile solo nelle cartoline ingiallite e rovinate dal tempo e - si direbbe - dall'incuria di noi picciotti ru annu che non sappiamo e non abbiamo saputo tenere alle nostre origini.

La mattina di Santa Lucia c'era una colazione diversa. Sarò sincero: non l'amavo particolarmente. Il sapore rustico del frumento cotto riusciva a piacermi solo con tanto zucchero e poco vino cotto. La cuccìa, insomma, era sì tradizione, ma in effetti non così accattivante da sostituire il mio latte e caffè quotidiano che mi serviva per un'altra giornata nel mio Liceo.

Oggi, a distanza di qualche anno ormai e lontano da Trapani, la tradizione si è perpetuata e a casa i miei figli hanno mangiato cuccia e arancine, stasera mangeremo riso al forno e nessuno di noi mangerà pane come segno di devozione alla Santa.

Vecchie tradizioni, si dirà. Chi se ne importa oggi di tutto ciò?

Io continuo nella mia opera: ricordare, ricordare, ricordare. Per non perdere ciò che siamo stati e per costruire ciò che saranno i nostri figli. Il futuro non può essere patinato e sfuggente. 

Riappropriamoci del passato per costruire il futuro!











mercoledì 25 settembre 2013

I trapanesi sono avanti! Nel 2060 comunicheremo telepaticamente!

Che noi trapanesi fossimo avanti l'ho sempre creduto...

Quand'ero piccolino ricordo un aneddoto che mi raccontavano i miei nonni. 

Mi dicevano: 
quannu vinne u Duce jò m'u ricordo... era nica... 
s'affacciau ra Posta e c'erano tanti cristiani chi unni putìamo moviri... 
appena s'affacciau uciàvano tutti... 
principiau a parlari e risse: "Trapanesi dovete fare un passo avanti!!!"
E i trapanisi ficiru tutti un passo nnavante!!!!


http://www.trapaniantica.it/

A parte l'aneddoto, navigando navigando - sempre alla ricerca di notizie su Trapani, i trapanesi e i suoi luoghi - ho trovato una notizia stravagante quanto interessante che dimostra - se vera - l'ipotesi di inizio post... i trapanesi sono avanti! Ecco perchè...


Nel 1962 i giornalisti di Trapani Nuova, settimanale trapanese finito di stampare negli anni Ottanta, pubblicarono le previsioni di tre esperti americani su una nuova era tecnologica mondiale, intitolandolo: “Nel 2000 i telefoni faranno tutto loro”. 

Tre ingegneri della compagnia telefonica americana At&t, J.H. Felker, C.M. Mapes e H.M. Boettinger, azzardano delle previsioni nel corso di un’intervista alla Cbs. 


Verso il 2000 “i giornali del mattino saranno diffusi direttamente in facsimile attraverso la rete telefonica. Fatta la colazione e letto il giornale telefotografico”. 

Il “videofono” si metterà in contatto con l’ufficio o convocherà una conferenza con i soci in differenti località. La moglie “potrà ricorrere al servizio telefonico per evitare le faticose maratone nei negozi” e con il videofono sceglierà e ordinerà la merce. “Apparecchi televisivi a circuito chiuso allacciati con rete telefonica diffonderanno lezioni scolastiche, conferenze con proiezioni e visite nei musei”. 

Questi apparecchi “potranno anche permettere la lettura degli ultimi libri senza neppure costringere l’interessato a recarsi in biblioteca”. Nel 2000, infine, “la gente si servirà del telefono anche per le operazioni di banca”.

La precisione dell'articolo è sorprendente. L’ho scoperto per caso su Trapani Nostra, dove si possono trovare tutte le annate della rivista. 


Onestamente davvero difficile credere a quanto si legge, pensando che l'hanno scritto 50 anni fa o giù di lì. 

Malgrado lo scetticismo - condiviso peraltro sulle colonne del quotidiano La Stampa da Luigi Grassia - l'articolo è vero e copia si trova alla Biblioteca Fardelliana. 

Pensate se oggi affermassi che tra 50 anni comunicheremo telepaticamente.

A dimostrazione dell'ipotesi iniziale... i trapanesi sono avanti!!! 

E io dico che tra cinquant’anni comunicheremo telepaticamente... avrò ragione?




martedì 31 gennaio 2012

Picàti-òrvi

Certi istanti della vita tornano alla memoria per caso. E proprio non capisci perché in quel momento.

Il titolo è un modo di dire della mia Trapani. Mi ricorda la mia nonna materna, anzi mi ricorda una situazione che la riguardava spesso. Ma anche i profumi e gli odori di quella Trapani di cui tanto ho nostalgia come dei valori e del sentire che mi porto da quegli anni. 





Mia nonna era una vecchietta dolce e simpatica, che spessissimo canticchiava, sorridendo tutto il giorno.

Diceva sempre di essere "malata di nervi". Aveva sofferto da giovanissima di un forte esaurimento nervoso dovuto, negli anni della Seconda Guerra mondiale, alla prigionia australiana del suo amato (mio nonno).

Spesso capitava che dicesse delle fesserie, delle battute o che ripetesse frasi che sembravano insensate. 

Erano i ritagli della sua memoria di ragazzina di quando "ìa a' mastra" o di quando una volta, al mare "un omo mi salvao picchì masinnò murìa!". O ancora di quando un cane "m'arrancicào (mi è salito) 'ncapo i spaddre"Mia nonna andava al mare col prendisole, si bagnava solo i piedi, non faceva il bagno e aveva paura dei cani! 

Altrettanto spesso, capitava che mia madre rispondesse alle fesserie della nonna Dina (Leonarda all'anagrafe): ma n'hai picàti orvi!!!! 

La traduzione in italiano sarebbe "hai azioni cieche". Ma il dialetto - qualsiasi vogliamo considerare - è "intraducibile", caratteristica che lo rende unico e speciale. 

Nessuno mi ha mai spiegato il significato di questo mdo di dire. Io l'ho sempre sentito nel senso che vi ho detto. Come a dire: "ma chi stai ricennu?"