Non saprei spiegare bene il motivo per cui non l'abbia fatto prima, ma oggi, mi sono deciso e so bene il perchè.
La nostra è un'epoca stravagante. Dove convivono tendenze diametralmente opposte e tutte legalmente difese, specie in Italia. La diceria e la riservatezza sono tratti di un'Italia dalle due facce che vuole sapere tutto di tutti tranne che di se stessa.
Tratti di un Paese che vuole soltanto apparire bello - riuscendoci - ma che spesso dimentica la sua parte più interna, viscerale e quindi più "nascosta".
Come anche a Trapani accade...
Mi raccontavano che, anticamente, dove oggi c'è quel piccolo parcheggio attiguo alla chiesa di San Pietro, a Trapani, di fronte al Palazzo di Giustizia, sorgeva un groviglio di palazzi e palazzetti che creavano un tipico cuttigghiu trapanese.
Tanto vicini erano le mura dei palazzi tra loro che ci si vedeva da casa a casa. Tanto vicina era la chiesa al palazzo dirimpetto che - mi raccontava l'Arciprete Giacalone ricordando dei suoi anni di fresca nomina - quando alla mattina apriva la finestra, gli rispondeva regolarmente la signora dal palazzo di fronte: "Assabinirica Arciprete!" e quasi potevano stringersi la mano.
Io ho abitato per 20 anni nel palazzo di fianco alla chiesa di San Pietro e ho sempre sentito parlare a casa di questo curtigghiu, al punto che nei documenti di vendita della casa (oggi di proprietà della parrocchia) c'era il richiamo a una via che oggi non esiste più.
Un modo di vivere radicato nei modi di fare trapanesi da secoli, di cui io ho vissuto solo gli ultimi scampoli.
Erano i "favolosi anni '90, l'avanguardia del mondo globalizzato, il fibrillante Bel Paese e la mia bella Trapani mi lasciavano giocare sui marciapiedi e tra le macchine... in un quartiere Sampetro già fortemente degradato e in pieno processo di "spopolamento".
In quegli anni per me e la mia combriccola di amici sampitrari era normale scorrazzare per le viuzze arabesche di quella parte di Trapani, sempre in sella alle nostre bici. Io avevo una Graziella rossa modificata, estorta a mia madre e fatta diventare da "competizione", ovvero senza campanello, portapacchi vari e alleggerita per schizzare al mare di Turrignì o fino a Pizzolungo per fare i tuffi dal molo dell'Hotel Tirreno... trasenno d'ammare, chi tantu unni ponnu rire nenti!
Per questo bellissimo e dolce salto nei miei ricordi di ragazzino trapanese devo ringraziare il Signor Giacomo Caltagirone per uno dei suoi interessanti e toccanti video e che io ho linkato di seguito.
Per le strade di Trapani - Via Catito di Giacomo Caltagirone su Vimeo.com
Devo dire che ringraziare soltanto è limitativo...
Il video mi ha davvero rapito. In dieci minuti di visione - o poco più - non solo mi sono letteralmente immerso nella Trapani mia, il posto dell'anima, di cui tanto scrivo nel mioBlog, ma ho anche conosciuto nuova musica e nuovi luoghi trapanesi "virtuali".
Ora vegno e mi spiego, per usare un'espressione tutta trapanese...
Del video in sè mi ha appassionato la parte in cui descrive gli stili abitativi del Catito, propri comunque di tutto il Rione.
I richiami all'operosità dei trapanesi e le citazioni dei vecchi mestieri popolari tipici del Rione: "falegnami, canapai, fabbri ferrai e vecchi pescatori rammendavano le reti" e le putìe, niente a che vedere con i centri commerciali odierni!
Io mi ricordo di Mastru Natale, falegname di via delle Api; di Mastro Alonzo, u firraro, ra' Signura Lucrezia che facìa i nasse...
E poi le musiche del video... meravigliose. Più che etniche, viscerali! Mi hanno emozionato... e ho scoperto così peraltro un nuovo gruppo Facebook che riguarda Trapani, ovvero Trapani, città tra due mari e qualcosa in più di un gruppo musicale, ovvero i Milagro acustico. Da ascoltare!
Trapanesedentro
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