venerdì 5 febbraio 2010

A festa 'ri San Petro


Tutto iniziava quando scattava l’ora X… l’ora cioè che mostravano i cartelli di divieto di sosta sistemati agli accessi della piazzetta…
Stava iniziando, l’agitazione cresceva, l’euforia invadeva tutti: piccoli, ragazzi e adulti. Generazioni di Sanpitrara insieme per organizzare una settimana di giochi e di vita insieme in onore di San Pietro, in favore di tutti i Sanpitrara.

Gli anni di cui scrivo sono quelli della mia infanzia. Poco meno di 25 anni fa insomma, non moltissimo. Abitavo in un appartamento dalla cui vista si dominava l’intera piazzetta antistante il lato ovest della chiesa di San Pietro a Trapani. Da lì, vedevo tutto e tutti. Mi sedevo sul divano davanti a un balcone che dava proprio di fronte al Palazzo del Tribunale – prima della cui costruzione i miei mi raccontavano che ci fosse una meravigliosa vista della città e di Erice – e osservavo passare le auto e la gente.
Di fatto, l’organizzazione della Festa di San Pietro era una cosa che riguardava pochi ragazzi e pochi uomini maturi di buona volontà del quartiere e della parrocchia, che con i pochi soldi messi a disposizione da Padre Arciprete Giacalone, organizzavano una settimana di feste, giochi, sport, insomma socialità, in un quartiere che per il resto dell’anno era praticamente inerme – fanno eccezioni le Processioni varie - e agitato solo dal frastuono di auto, camion e cittadini trapanesi di passaggio per lavoro e affari burocratici, per di più innervositi da quella baraonda. Nei ricordi di chi l’ha vissuto, quello è sicuramente il periodo d’oro del quartiere.

A ben vedere, poi, gli anni di cui scrivo erano già la decadenza… il quartiere si spopolava di trapanesi e la millenaria presenza di gente di ogni luogo, essendo San Pietro il quartiere del porto (gente di passaggio che arrivava da ogni posto del mondo), cominciava ora a essere fastidiosa, soprattutto perché quella gente non era più nelle condizioni sociali adeguate per integrarsi. Chi arrivava a Trapani fino alla fine dell’800, trovava, infatti, mille ragioni per fermarsi, insieme a mille modi per guadagnarsi da vivere senza dare alcun fastidio alla popolazione autoctona, di cui anzi diveniva parte, imparando anche il dialetto, gli usi e i costumi.
Oggi, la realtà del vecchio Rione San Pietro – come accade in molti luoghi d’Italia - è molto diversa. Case in rovina, pochi residenti italiani, perlopiù anziani, e molti immigrati europei e africani, senza lavoro e in cerca di un modo per poter vivere. Un quartiere abbandonato, tanto vicino a quel bel “salotto buono” trapanese da stridere e da poter essere accettato come icona della situazione sociale mondiale. Nord del mondo ricco, Sud povero e indigente sono due facce dello stesso mondo globalizzato, interconnesso, ma molto squilibrato.

Agganciarmi ai ricordi, allora, è un modo per far rivivere quei tempi e per sperare che possano tornare. La speranza non deve mai cedere il passo alla delusione.

I cartelli erano posizionati negli accessi principali della piazzetta antistante la chiesa di San Pietro, dove solo una cinquantina di anni fa esisteva uno stupendo “curtigghiu”, ereditiero della Trapani antica di tradizione araba, dove viuzze strette che sbucano in piazze tutte uguali servivano a confondere gli invasori che arrivavano dal porto.

La sera prima era quella della “sosta vietata”. Appena sentivamo i primi schiamazzi, chiedevamo immediatamente ai nostri genitori di poter “scendere giù”… a mezzanotte! Ovviamente la risposta era negativa e se ne sarebbe parlato l’indomani, ma i ragazzi intanto iniziavano a lavorare… continuavano a “scarrozzare” le auto, ormai in sosta vietata, preparando la piazzetta per l’indomani… ci sarebbe stato tanto lavoro.
I lavori iniziavano presto. C’erano diverse “squadre”. Quelli con le scope, quelli delle vernici, quelli delle luci, quelli dei canestri… si trattava di trasformare un’anonima piazzetta in un campo di pallacanestro e di pallavolo. Noi più piccoli eravamo la “squadra scope”, che servivano a pulire l’asfalto polveroso. Le altre squadre erano riservate ai ragazzi più grandi, con cui comunque si collaborava. In meno di tre giorni, il campo era finito. Con tanto di transenne per evitare attraversamenti indesiderati. Già le transenne. Anche questo un momento topico… appena spuntava “Nasune” dall’angolo di Corso Italia, cominciavamo a chiamarlo urlando a squarcia gola… immaginate che divertimento!

Tutto era pronto ora. Via con i giochi…

Ce ne erano tanti giochi per noi più piccoli. La “ginkana” con le bici, la corsa coi sacchi, la caccia al tesoro, i “pignateddrhe”, i tornei di calcio balilla, i tornei di ping pong … che spasso! Quanti ricordi! Come si fa a tradurre quei sentimenti. Scusate, ma non riesco… spero che sentiate l’emozione…
I pignateddrhe erano il gioco più Trapanese che si poteva fare. Una corda, i pignateddrhe di terracotta, un bastone, un bambino bendato, le urla di tanti altri bambini che lo “guidavano”… insomma tante risate, qualche caramella e tanta farina “melmosa” che finiva sui vestiti dei sfortunati ma contenti partecipanti che riuscivano a rompere i pignateddrhe.
C’erano anche i giochi per i grandi… i tornei di calcio balilla, i tornei di ping pong, caccia al tesoro e, più di ogni altra cosa, il tiro alla fune …
Il tiro alla fune era in pratica il “San Pietro show”. In quella competizione si scontravano le varie fazioni del quartiere… che per la verità era un po’ screditato… chiddrhe da Marunnuzza, chiddrhe ‘ra marina, chiddrhe ‘ru Santu Patre, chiddrhe ‘ra via Mercè, chiddrhe ‘ru Catito … che riflettevano in forma stereotipata le “sciarre”, le “discussioni”, le “questioni” (c’è questione, ah?!?!), le battaglie “a pitratuna” e “chi fionde” o semplicemente le partite di pallone che mettevano di fronte i vari gruppetti di bambini e di adolescenti del quartiere. Ecco perché il rione San Pietro è stato per tanti non solo un quartiere, ma una vera e propria “palestra di vita”! Per intenderci, non era delinquenza quella descritta, non erano degrado quando dietro a quelle esperienze di vita c’era un gruppo di educatori capaci di infondere valori. E per fortuna mia e dei miei amici, noi avevamo un’ottima “squadra di educatori”, dai genitori ai parrocchiani, dalle scuole agli anziani del quartiere che ci crescevano e ci riprendevano!

Terminati i giochi del pomeriggio, c’era la pausa… religiosa. In realtà, a Messa c’andavano in pochi, ma la Novena era un evento clou per i vecchietti e per i “parrinari” doc… E nel frattempo la piazzetta era dominio esclusivo dei piccoli, che s’impadronivano dei canestri per improvvisare partite di uno sport che, a San Pietro, prendeva sempre più piede grazie alle “imprese” della Pallacanestro Trapani (ai tempi d’oro in serie A). Ma anche, grazie alle fatiche della mitica Avis Stadium, società polisportiva della parrocchia che aveva rappresentative di calcio, di pallacanestro, di pallavolo sia maschili sia femminili e in tutte le categorie dilettantistiche provinciali. L’Avis Stadium era l’apice di un gruppo di giovani che davano anima e corpo allo sport, alla parrocchia, in generale, agli altri. Con un ordine non così categorico.

La festa di San Pietro continuava anche la sera. Dopo la sosta per la cena – quasi mai era una vera sosta perché i canestri rimanevano sempre occupati da almeno un paio di bambini e io e mio fratello ci ingozzavamo per finire prima di mangiare e raggiungerli! – si riprendeva con le partite serali, una di pallacanestro, una di pallavolo. Era un’occasione di svago e di divertimento, non solo per il quartiere, ma anche per i trapanesi, soprattutto quelli del centro storico, dove d’estate, per la verità, le cose da fare la sera sono sempre state pochine… un poco ‘ri simenza, un poco di risate e la serata è fatta! Poco, semplice, ma tutto vero e intenso!
La settimana scorreva così insomma. In men che non si dica, i tornei arrivavano alle finali e i giochi si chiudevano con le premiazioni, medaglie e coppe per tutti i piccoli e i grandi. E a distribuire il tutto, oltre al compianto Padre Arciprete, c’era un noto personaggio dei media trapanesi il “grande” Nicola Conforti… sampitraro doc, insieme alla radio di famiglia: oggi Radio Cuore, ma per noi è l’indimenticata Radio Tele Hobby

Altri tempi, altre sensazioni. Ma c’è un ricordo di cui ancora non ho scritto. Forse il più bello, quello che racchiude lo spirito dei giochi di San Pietro e forse per questo conservato per ultimo (the last but not the least!).

Durante le partite pomeridiane e serali, mentre noi piccoli eravamo impegnati a tifare per la nostra Avis Stadium, spesso capitava un siparietto divertente. Mi ricordo di una massa di pelo bianco che azzannava il pallone, tra la paura di spettatori e di giocatori. Era un grosso maremmano bianco, il cui padrone è un altro Sampitraro doc, ma di cui non ricordo il nome. E quanti palloni s’è mangiato quel cagnone. Tra i tanti, anche i miei!

E questa era la festa di San Petro. Giochi, risate, stare insieme, sport, divertimento… forse la parte più bella e sincera delle energie che abitavano il cuore pulsante di Trapani. Una volta, purtroppo. Speriamo anche nel futuro.

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