lunedì 1 novembre 2010

L’odore del mare.

A un certo punto, mentre camminavo, scaldato da un sole caldo e avvolgente, ho sentito un tiepido soffio che mi sembrava di conoscere. Un olezzo che non riconoscevo, ma sapevo essere qualcosa di mio, che mi apparteneva… da sempre.

Nessuno se ne cura o se ne accorge più di quell’odore di cui anch’io avevo dimenticato la fragranza. Una delle cose che non si possono vivere, se non vivi Trapani.

A Trapani, abitavo in una tipica viuzza del rione San Pietro, l’antico Casalicchio, stretta, ombreggiata di giorno e buia già la sera, che portava dritti dritti al mare del porto sullo splendido sfondo della Colombaia e delle Egadi. A Trapani, quando uscivo da casa non pensavo al fatto di essere abbracciato da due mari, di trovarmi in quella zona del mondo che divide un mare in due. Mai e poi mai, credo di aver pensato alla fortuna di stare lì. Men che meno avevo fatto caso alla differenza che c’è nell’aria tra i posti con il mare e quelli senza.

L’odore del mare è molto più di un ricordo o di un sentimentalismo. Riassume uno stile di vita dei trapanesi di ogni generazione e di ogni tempo… dai primi Elimi fino ad arrivare alla generazione dell’ipod. Il mare, la salsedine, lo iodio… il sole, il caldo, il vento…

È stato davvero molto affascinante riscoprire quella sensazione, quel calore, quella condizione dell’anima, capace di riportarmi indietro a quando adolescente uscivo dal portone di casa e, senza accorgermene, venivo coccolato dal mare Nostrum. È stato affascinante riscoprire tutto ciò in un posto tanto lontano fisicamente, ma tanto vicino per i colori, gli odori, i volti della gente, le immagini dei posti e anche i sapori. Qui, la macchia mediterranea è la stessa della costa trapanese e siciliana… rivedo qui i leggeri promontori di San Cusumano e Pizzolungo, le “zabbare” che costellano la via per San Vito, il mare rabbioso, lo stesso che bagna Marausa, le scogliere bagnate dal mare come a Cornino, le facce dei pescatori e le loro barche. I colori del mare e del cielo ricopiano l’azzurro dei nostri luoghi. Le facce arse dal sole sono scure come quelle dei vecchi pescatori che si vedono nelle cartoline d’epoca. In fondo, i trapanesi sono un po’ mediorientali.

E allora mi sono sentito meglio. Stavo meglio pensando che quel calore, quella brezza leggera, quella salsedine e anche quelle immagini – in qualche modo - raccontavano le stesse emozioni che avevano accompagnato i miei Avi, che si erano incollate sulla loro pelle e che, giunte in Sicilia, attraverso mille generazioni di uomini e donne, erano diventate le mie stesse emozioni.

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