Autocitarsi è segno forse di megalomania, ma lo faccio "umilmente e col capo chino" per riprendere un ragionamento iniziato qualche anno fa in questo blog:
bisogna sperare che finalmente a Trapani, Paceco, Erice e Valderice possa prendere il via un processo di trasformazione, che non interessi soltanto le carte catastali o gli uffici comunali, ma, molto più profondamente, coinvolga un intero sistema di pensiero.Io non ho capito una cosa: un paio di scarpe di mia figlia entrano in una scatola di mie scarpe ma non viceversa, quindi perchè non mettere le scarpe piccole nella scatola grande e cominciare a parlare di come è fatta la suola e se davvero quella scarpa è comoda?
Mi spiego meglio.
A leggere le cronache trapanesi sembra che il punto si riduca a "fondere" Trapani con Erice. La fusione dei due Comuni è vista come la panacea di tutti i mali della zona. Il fatto è che nessuno - dai comitati alle associazioni futuistiche, men che mai politici o "intellettuali" - si sbilancia nel dire a cosa dovrebbe portare questa fusione. Grande pennello o pennello grande?
A Trapani anni di politica del malaffare hanno creato una città-mostro che solo negli ultimi anni ha tolto la maschera che gli hanno voluto far indossare e rimesso i panni che gli competono: ridente cittadina di mare bagnata da due mari e accarezzata costantemente da qualsivoglia vento di qualsivoglia direzione.
Tolta la maschera, restano gli acciacchi perchè di cose a Trapani ne mancano, eccome. Lo affermo perchè nell'ultimo decennio, per lavoro, ho avuto la fortuna di vedere e, in alcuni casi, vivere un po' di città italiane da nord a sud e anche qualcuna europea e mediterraneea
Paragonando la nostra città alle altre citate, non sfiguriamo - lo sappiamo - quanto a bellezze paesaggistiche, cibo, clima e a tutti i doni che la natura ci offre e abbiamo la fortuna di definire "nostri".
Quando parliamo di ingegno, invece, dobbiamo cominciare a fermarci un attimo e ragionare. E magari a riferirci a opere realizzate da generazioni di trapanesi di qualche decennio fa, e ancora di più di secoli fa, per non correre il rischio di non poter dir nulla. Chiediamoci, per esempio, quale infrastruttura/costruzione di rilievo è stata costruita a Trapani negli ultimi trent'anni.
Una risposta potrebbe essere il Tribunale, un palazzo che taglia quella che sarebbe stata la più importante via di deflusso del traffico dal centro: corso Italia (che si sarebbe congiunto con via Virgilio e - genialata delle genialate - con via Marsala attraverso un passaggio a livello/sottopasso dove oggi invece c'è un supermarket alla fine di via VIrgilio). E non vorrei aggiungere l'Ospedale.
Insomma a Trapani, per decenni e decenni, è mancata la progettualità ovvero la capacità di immaginare quale impatto avrebbe prodotto la decisione che in quel momento era la migliore per risolvere le proteste o calmare gli animi o accontentare qualche gruppo piuttosto che la maggior parte dei cittadini. E forse anche un pizzico di coraggio. O forse ancora la capacità di svincolarsi dagli interessi di parte.
E così ci ritroviamo con un Ospedale storico ormai semidistrutto e un Ospedale "nuovo" vecchio di trent'anni che continua a veder nascere "ericini" che non sanno nemmeno cosa sia Erice (sul tema, se si vuole, si legga Nel 2150). E così ci ritroviamo un porto monco, con banchine in costruzione e probabilmete ancora piene di quegli scarti che hanno provocato il blocco dei lavori. E così ci ritroviamo una città senza un parco degno di questo nome dove l'unico modo per fare una corsa è andare a respirare lo smog allo iodio della litoranea.
E così ci ritroviamo un centro storico rimesso a lucido con tanti bei palazzoni d'epoca disabitati. E così ci ritroviamo un quartiere abusivo diventato ormai una delle più ambite zone da vivere. E così ci ritroviamo senza un parcheggio multipiani nella zona del porto e/o della litoranea che unitamente a un servizio di bus urbani di buon livello avrebbero evitato di creare i "tappi" di auto a Piazza Vittorio o alla "Marina".
E così ci ritroviamo con una stazione praticamente senza treni e senza passeggeri, bella ma vuota. E così ci ritroviamo senza una strada veloce che collega il porto o comunque la città con l'aeroporto.
E così ci ritroviamo gruppi di Trapanesi emigrati ed emigranti ancora perchè, come trent'anni fa, il lavoro a Trapani non è un diritto, ma una concessione. E così ci ritroviamo ad avere un normalissimo ipermercato elevato al rango di centro commerciale scondardoci che per i Trapanesi il piacere di 'na passiata a' Loggia è imparagonabile a qualsiasi centro commerciale di cemento e consumismo. E così ci ritroviamo a non avere da cinquant'anni un teatro, le cui colonne sono da altrettanti anni accatastate davanti all'ingresso della "chiesa della Madonna". E così ci ritroviamo al avere una delle più fornite e ricche biblioteche della Sicilia, la cui fruibilità è pari a quella dell'ufficio postale di Rilievo: ci vai per pagare le bollete.
E così ci ritroviamo ad essere come un grande, grosso leone invecchiato che si lecca le ferite e osserva impassibile la sua prole crescere e sparire nella giungla, rimanendo sempre più solo e con sempre gli stessi fastidi, che diventano sempre più gravi.
Insomma, cari amici miei, si parla tanto di Grande Città come opportunità per il territorio, ma si dimentica di specificare quali sono queste opportunità e, soprattuto, che esse sono a favore dei cittadini, dei Trapanesi, non del territorio. Il territorio non paga l'IMU e non porta i bimbi all'asilo, non legge, non scrive, non respira!
Ci vorrebbe un grande sforzo collettivo di una città intera, che portasse al centro dell'attenzione il fatto che Trapani ha bisogno di capire come vuole essere, piuttosto che pensare a com'è fatta.
Vogliamo essere una città grande che mette insieme solo amministrativamente i problemi di Trapani e quelli di Erice o piuttosto dobbiamo essere una Grande città che propone ai propi figli Grandi Progetti per il loro futuro?
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